Abbiamo già introdotto il tema della previsione di un possibile default dell’azienda fino a 4 anni prima del suo concretizzarsi, grazie all’osservazione di una serie di indicatori.
La prima fase che abbiamo approfondito è quella della crisi strategica, caratterizzata da errori di valutazione strategica, perdita di quote di mercato e fatturato in calo.
Se i fattori di successo di un'azienda si perdono senza essere sostituti da nuovi driver di crescita, abbiamo visto come la crisi strategica porta inevitabilmente alla fase successiva, nota come crisi di redditività.
Nel secondo articolo di questa sezione di contenuti legati alla previsione dell’insolvenza delle imprese, avevamo quindi analizzato la crisi di redditività. Quest’ultima costituisce la diretta conseguenza di una crisi strategica.
All’interno di questa fase, abbiamo visto in che misura cominciano a risultare evidenti i primi due dei tre indicatori in grado di fornire una previsione della possibile insolvenza da parte di un cliente, che sono: redditività, capitalizzazione e copertura degli interessi.
In questo terzo articolo analizzeremo cosa accade quando si entra in uno scenario di crisi di redditività e quali possono essere le soluzioni per uscire da tale situazione.
I tratti distintivi di una crisi di redditività
Una volta che un'azienda entra nella fase di crisi di redditività, i suoi dati finanziari iniziano a mostrare visibilmente l'impatto della crisi strategica che sta a monte. Un'analisi sistematica e una valutazione del suo profilo finanziario è essenziale per ottenere una comprensione dettagliata della velocità e della gravità del deterioramento finanziario e del relativo aumento del rischio di insolvenza che si verifica con l'avanzare della crisi societaria.
Come accennato nel precedente articolo, uno degli effetti collaterali spesso dichiarati di una crisi di redditività è individuabile in un calo del fatturato, sia a seguito di una contrazione del mercato sia perché la società perde quote dello stesso. Tuttavia, le aziende avviano regolarmente costosi programmi di vendita volti a mantenere elevato l’utilizzo della capacità, determinando in tal modo un fatturato stabile o addirittura in aumento. In entrambi i casi, tuttavia, la riduzione dei margini contributivi riduce la capacità di generare profitti di un’azienda.
Mentre il fatturato medio delle PMI in default in Germania rimane relativamente stabile fino all’anno contabile prima dell’insolvenza, il fatturato medio delle imprese francesi, spagnole e italiane diminuisce con il tempo, come del resto è logico attendersi. Tuttavia, l’evoluzione del fatturato in sé non costituisce un’indicazione così solida del rischio di insolvenza. Infatti, ad esempio, Il fatturato può anche diminuire a seguito dell’eliminazione deliberata dei prodotti a basso margine, migliorando in tal modo la capacità di generare utili e l’affidabilità creditizia dell’azienda.
Un’ulteriore analisi delle variazioni della capacità di generare profitti rivela che la profittabilità delle PMI insolventi è già debole all’inizio del periodo esaminato. Quattro anni prima dell’insolvenza, il rendimento medio del capitale impiegato (ROCE) è già insufficiente al 6,9% per le imprese tedesche, al 6% per le imprese spagnole e al 3,7% nelle società francesi. Le aziende italiane prese in considerazione nel set di dati si trovano in difficoltà nel tentativo di pareggiare i conti già in questa fase iniziale. Il loro ROCE medio infatti è di appena lo 0,2% (Figura 3).
La profittabilità scende significativamente negli anni successivi fino a configurarsi all’interno di uno scenario negativo, in tutti e quattro i paesi, nell’ambito dell’ultimo anno prima dell’insolvenza, con le società italiane che hanno mostrato il più grande deterioramento dell’indicatore finanziario (Germania: -16%; Spagna: -61,5%; Francia: -62%; Italia: -109%). Rispetto a questo, il ROCE medio di tutte le PMI è del 12% in Germania e Francia, del 14% in Italia e del 10% in Spagna.
La debolezza e/o la diminuzione della capacità di generare utili, influisce direttamente sulla generazione di flussi di cassa ed è quindi un indicatore chiave dell’aumento del rischio di credito.
La diagnosi precoce del potenziale rischio di default richiede un'analisi tempestiva dei motivi per cui la potenza degli utili è diminuita. Solo allora possono essere apportate modifiche strategiche prima che il disagio societario acceleri ulteriormente.
La capitalizzazione e la leva finanziaria seguono il calo della redditività
Il secondo indicatore che andiamo ad analizzare all’interno di questo articolo è la capitalizzazione. Esso tende a diminuire assieme al calo degli utili, anche se ad un ritmo più lento. Quattro anni prima della loro insolvenza infatti, le società hanno un indice di indipendenza finanziaria[1] del 20,6% in Germania, del 23,2% in Francia, del 15,6% in Italia e del 23,3% in Spagna.
In confronto, l’indice di indipendenza finanziaria medio di tutte le PMI è di circa il 30%. La capitalizzazione si deteriora in modo significativo nell'ultimo anno prima dell'insolvenza, con conseguente indebitamento eccessivo in tutti i paesi, ad eccezione della Germania. Con il deterioramento degli utili e della capitalizzazione, vi sono impatti negativi rischio di credito influiscono chiaramente sulla capacità potenziale di riduzione dell'indebitamento.
Il calo dei flussi di cassa, o addirittura i flussi di cassa negativi, spesso costringono le imprese ad assumere un debito aggiuntivo per coprire i costi di gestione dell'azienda e/o per effettuare gli investimenti necessari. Di conseguenza, una diminuzione degli utili o dei flussi di cassa si traduce generalmente in un notevole deterioramento della struttura patrimoniale di una società, in quanto il disagio societario continua a peggiorare.
Il valore medio della leva finanziaria[2] delle PMI in default aumenta in modo significativo durante il periodo di insolvenza esaminato (più del 10% in Germania e di oltre il 20% in Francia, Spagna e Italia).
L’indice di indipendenza finanziaria si deteriora lentamente nei primi due anni di osservazione in Germania, Francia e Spagna, ma diminuisce bruscamente nell'ultimo anno prima dell'insolvenza in Francia e Spagna, portando a un coefficiente di indebitamento eccessivo, pari al -0,4% in Francia e -4,8% in Spagna. Le PMI tedesche inadempienti hanno in media un indice di indipendenza finanziaria del 16,1%. In Italia, la sofferenza si intensifica assai più rapidamente con un calo molto più marcato dell’indice di indipendenza finanziaria medio delle PMI italiane (-36,6%) e una leva finanziaria significativamente più elevata di quasi il 90%. In confronto, l’indice di indipendenza finanziaria medio di tutte le PMI è del 29% (Germania), 32% (Francia), 28% (Italia) e 39% (Spagna).
Il rapporto medio tra passività e EBITDA è già altamente insoddisfacente per le PMI inadempienti nel quarto anno contabile precedente all'insolvenza: in Germania (60x), in Francia (54x), in Spagna (59x) e in Italia (57x). Il potenziale di riduzione dell'indebitamento diminuisce ulteriormente negli anni successivi fino all'insolvenza. Il rapporto medio Passività-EBITDA sale quindi a 92x in Germania, 129x in Francia, 152x in Spagna e 162x in Italia. Al contrario, le passività medie rispetto all'EBITDA di tutte le PMI sono 48x in Germania, 35x in Francia, 38x in Spagna e 33x in Italia.
La struttura del potenziale di riduzione dell'indebitamento, e in particolare eventuali cambiamenti in esso, hanno generalmente un notevole potere discriminatorio e sono quindi buoni indicatori del rischio di insolvenza delle PMI e delle MidCaps.
Dalla crisi di redditività alla crisi di solvibilità dell’Azienda
Se la strategia aziendale rimane in conflitto con il suo contesto di mercato, la crisi di redditività si condurrà nella terza fase: la crisi di solvibilità. Quest’ultima, sarà l’oggetto d’analisi del nostro prossimo ed ultimo articolo di questa sezione dedicata agli indicatori in grado di aiutarci nella previsione di un serio rischio di insolvenza.
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[2] La Leva Finanziaria (Leverage) indica la capacità dell’azienda di far fronte alle obbligazioni assunte ed è un indice sintetico che misura il rapporto fra passività di bilancio e EBITDA e il rapporto fra la liquidità generata dalle operations e le passività di bilancio.
[1] L’indice di indipendenza finanziaria (Equity Ratio) è l’indicatore finanziario che misura il valore del Patrimonio Netto in relazione al totale attivo di bilancio.