I dati che l'Istat ha comunicato di recente confermano al momento questa previsione: si tratta del peggior crollo di sempre per le vendite al dettaglio (ai consumatori finali). A marzo 2020 si stimano flessioni rispetto a febbraio pari al 20,5% in valore ed al 21,3% in volume. A determinare l’eccezionale calo sono le vendite dei beni non alimentari, che diminuiscono del 36,0% in valore e del 36,5% in volume, mentre quelle dei beni alimentari sono stazionarie in valore e in lieve diminuzione in volume (-0,4%). La spesa degli italiani per pranzi, cene, aperitivi e colazioni fuori casa prima dell’emergenza coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi alimentari. Quindi buona parte, se non quasi tutta la spesa alimentare outdoor si è trasferita in spesa alimentare in house.
Largamente atteso, ma non per questo meno inquietante, il dato sulle vendite al dettaglio scende a un livello che non si osservava dal 2000. Le vendite calcolate dall’Istat non comprendono infatti i consumi di servizi (per esempio presso bar e ristoranti) e gli acquisti di auto, segmenti che viaggiano prossimi al meno 100% mensile. Su un totale di oltre 2,7 milioni di imprese del commercio al dettaglio non alimentare, dell'ingrosso e dei servizi quasi il 10% è soggetto ad una potenziale chiusura definitiva. I settori più colpiti sarebbero gli ambulanti, i negozi di abbigliamento, gli alberghi, i bar e i ristoranti e le imprese legate alle attività di intrattenimento e la cura della persona.
Il commercio elettronico, in compenso, viaggia a vele spiegate. Non è la prima volta che resiste ad una crisi economica e finanziaria a livello globale, di beni come di servizi, e soprattutto senza alcun confine geografico. Cresce anche il consumer-to-consumer (C2C). Esempio di ambiente in cui gli utenti interagiscono sono le aste on-line. Inoltre si assiste allo sbarco sempre più frequente dei social network.ì in questo canale di vendita.
Gli impatti dell’emergenza sanitaria sui prezzi vedono prevalere al momento gli effetti deflazionistici legati al contenimento della domanda. Lo stesso e-commerce contribuisce a tenere bassi i prezzi. L'impatto dei movimenti del tasso di cambio dell'euro sull'inflazione, poi, è insignificante. Frenata dai ribassi degli energetici, l’inflazione in Italia è nulla, riducendo il differenziale negativo con l’area dell’euro. L’Antitrust ha però acceso un faro sull'aumento dei prezzi di alimentari, guanti e detergenti durante l'emergenza.
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali negative per tutti i gruppi di prodotti. Le diminuzioni maggiori riguardano abbigliamento e pellicceria (-57,1%). L'abbigliamento è il settore che già prima del CoronaVirus registrava più chiusure di tutti, ed è anche uno dei settori non aiutati da nessun tipo di bonus statale. In questa fase si è affidato molto alla consegna a domicilio, ma c'è tanta voglia di riaprire e in alcune regioni accade dall’11 maggio.
Tra i maggiori cali tendenziali troviamo anche giochi, giocattoli, sport e campeggio (-54,2%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-54,1%), mentre il calo minore si registra per i prodotti farmaceutici (-6,3%). Rispetto a marzo 2019, il valore delle vendite al dettaglio è diminuito del 9,3% per la grande distribuzione e del 28,2% per le imprese operanti su piccole superfici. Le vendite al di fuori dei negozi son calate del 37,9% mentre, come detto sopra, è in crescita sostenuta il commercio elettronico (+20,7%).