“Don’t look up”: vale anche per i focus nazionali. Anche la seconda parte dell’Economic Outlook 2022-23, realizzato dal team di Allianz e Euler Hermes, e guidato dallo chief economist Ludovic Subran, gioca con il titolo del film omonimo ammonendo ad osservare l’interezza dello scenario per comprenderlo meglio.
Se il panorama economico mondiale è già stato definito come in netta ripresa, pur con alcune criticità – le principali: nuove ondate pandemiche, inflazione, volatilità, disomogeneità – ciascuna delle nazioni più importanti mostra delle peculiarità.
In USA i fattori che saranno più interessanti sono: l’approvazione – o meno – del Programma Build Back Better, il cui ulteriore ritardo rallenterebbe le percentuali di crescita di alcuni importanti decimali; e poi, un’accelerazione del tapering negli acquisti di asset, con almeno sei aumenti dei tassi previsti in rapida sequenza tra il 2022 e il 2023, molto più ravvicinati rispetto a situazioni analoghe del passato.
Dall’altra parte del pianeta, la Cina va sempre più spedita verso la normalizzazione pre-Covid, ma nel gigante asiatico le criticità hanno il nome di: calo dei consumi interni, rallentamento delle esportazioni e stretta regolamentare sulle stabilità finanziarie delle aziende. Ma lo spettro più grande al momento rimane il settore immobiliare che continuerà a rappresentare un freno agli investimenti.
Il punto focale della ripresa per l’Eurozona ha il nome di Next Generation Europe che raggiungerà il picco nel 2022-23, contribuendo fino a 1,5 punti percentuali alla crescita del PIL. Anche le altre misure, come quelle fiscali, quelle di sostegno alle imprese pubbliche e la sospensione delle regole sul bilancio, stanno contribuendo e contribuiranno a favorire la crescita, contenendo i pericoli inflazionistici.
Nel dettaglio europeo, la ripresa della Germania sembra in maggiore affanno sia rispetto alla Francia che all’Italia: i più colpiti, i settori del tempo libero e dell'ospitalità, nonché la vendita al dettaglio. Inoltre, l’indebitamento fuori bilancio sta diventando endemico e dobbiamo aspettarci che rimarrà una caratteristica della politica fiscale tedesca nei prossimi anni.
Anche la Francia soffre particolarmente in alcun i settori come per esempio quello turistico, mentre desta molta più preoccupazione l’impennata inflattiva e il relativo mantenimento del potere di acquisto, pur a fronte di una diminuzione della disoccupazione e una crescita dei salari.
L’Italia al momento è tra le nazioni europee con il maggior slancio, almeno nel breve-medio termine; sul lungo periodo bisognerà ancora investire. La sua crescita del PIL è nettamente superiore alla media dell'Eurozona, e colmerà il gap pre-Covid nel 2023. Le restrizioni sui viaggi influiscono su uno dei settori più strategici – il turismo – ma altri come il manifatturiero sono in continua espansione, mentre i consumi privati e il commercio estero sono al momento i principali motori di sostegno alla crescita. Come si sa, oltre ai piani di risanamento e alle grandi riforme strutturali, sarà il NGEU ad avere l’impatto più importante (in tutta l’Eurozona), ma – appunto – solo fino al medio termine. Nel lungo, vi sono spettri ancora da cacciare, e forse il più importante individuato dalla Studio Euler Hermes è la finanza pubblica, tallone d’Achille del nostro Paese e sempre più sensibile al rischio di aumenti del tasso di interesse, cosa che potrà generare tensioni soprattutto sui mercati dei titoli di Stato.
Un ultimo sguardo anche al Regno Unito, le cui maggiori specificità sono ovviamente legate alla Brexit: inflazione, prezzi dell'energia molto elevati, aumenti delle tasse e colli di bottiglia della catena di approvvigionamento (soprattutto per quanto riguarda le importazioni).
Insomma, il quadro specifico delle singole nazioni ribadisce lo scenario generale: ripresa sì, ma con qualche criticità e ancora molta cautela necessaria da parte degli organi istituzionali.