Un’attività organizzata in ambito di anticontraffazione del vino è sempre più una necessità perché in Italia il mercato delle frodi alimentari vale circa 83 milioni di euro. In Europa il valore sale a oltre 500 milioni con più di 2.000 posti di lavoro persi. Secondo i dati UE, nel 2017 il 10% dei consumatori europei, circa 43 milioni, è stato indotto con l’inganno ad acquistare un prodotto falso con serie ripercussioni per il settore vitivinicolo italiano. Solo nel mondo Wine & Spirit (vino e alcolici ndr), secondo l’Equipo, l’Ufficio europeo che si occupa della tutela e della proprietà intellettuale, il danno sulle vendite dirette provocato dalla contraffazione ammonta a 2,7 miliardi di euro all’anno ed è in costante crescita. La contraffazione avviene per lo più in Paesi extra UE dove, sempre secondo i dati Equipo, entro il 2022, si stima che un consumatore su due possa correre il rischio di acquistare un prodotto falsificato e ciò può avvenire in un punto qualunque del ciclo di produzione del vino. Spesso la contraffazione dei vini più pregiati avviene usando la bottiglia, l’etichetta e perfino il tappo originali, solo il contenuto non lo è.
Il vino è uno dei settori ad alta densità di diritti di proprietà intellettuale e come tale quindi deve essere trattato per evitare che importanti quote di mercato possano essere sottratte ai produttori. Parliamo di un settore che nel nostro Paese vale 8 miliardi di euro e interessa più di 1.800 imprese che danno occupazione a circa 17 mila lavoratori. Un ambito decisamente importante che deve essere tutelato in ogni suo aspetto.
Appare chiaro che l’utilizzo di un semplice QR Code sull’etichetta non sia sufficiente per evitare le falsificazioni, anche questo infatti potrebbe essere facilmente “hackerato” e comunque non risolverebbe il problema delle bottiglie riempite con vino meno pregiato e in alcuni casi dannoso per la salute.
Ecco perché il settore vitivinicolo italiano ha aperto le porte alle tecnologie di agricoltura 4.0 come la blockchain per controllare tutto il ciclo di produzione del vino.
Tracciabilità e trasparenza nel ciclo di produzione del vino
Letteralmente significa “catena dei blocchi”. In pratica è una rete digitale, un registro, che raccoglie dati, li custodisce, li rende accessibili e visibili a tutti con precise regole di sicurezza. Questa è la blockchain, che non si occupa solo di criptovalute, ma è tecnologia grazie alla quale le informazioni possono essere modificate solo con il consenso di tutti i partecipanti e con meccanismi di validazione incrociata. Sicurezza, consenso, trasparenza e immutabilità sono quindi le caratteristiche sue principali. Applicata già ai settori lusso, automotive e food è ora approdata anche nel settore vitivinicolo italiano come unica vera arma nella lotta di anticontraffazione del vino, una vera rivoluzione partita proprio dall’Italia per salvaguardare tracciabilità e trasparenza dei prodotti.
Ricci Curbastro in Franciacorta, la toscana Cantina Ruffino, la piemontese Michele Chiarlo, e la pugliese Torrevento sono le cantine pioniere nell’applicazione della tecnologia blockchain MyStory, studiata dal colosso internazionale della certificazione Dnv Gl, basata sulla blockchain pubblica VeChainTor. Soddisfatti dell’iniziativa anche i consorzi per la tutela delle denominazioni dei vini confederati nella FEDERDOC, che vale il 70% delle bottiglie italiane. Nel progetto c’è anche Valoritalia srl (Società leader in Italia nelle attività di controllo sui vini DOCG e IGT), che mette a disposizione i dati acquisiti durante le proprie attività di ispezione.
MyStory permette di tracciare ogni passaggio del ciclo di produzione del vino: dal campo in cui è stato coltivato alle viti utilizzate, dai trattamenti con fitofarmaci ai trattamenti con i fertilizzanti o altri trattamenti agricoli effettuati, al contenuto dei solfiti aggiunti. Una sorta di carta d’identità digitale del prodotto non solo in chiave di tracciabilità e sicurezza alimentare ma anche di sostenibilità ambientale e di DOC - Denominazione di Origine Controllata. I marchi e i rivenditori come gli attori intermedi della filiera potranno così contare su dati verificati da una terza parte indipendente per avere piena trasparenza e controllo su tutti i passaggi di lavorazione. Allo stesso tempo il consumatore avrà accesso alle informazioni sui processi di produzione e sulle caratteristiche del prodotto. Semplicemente avvicinando il proprio smartphone al Qr Code presente sull’etichetta il consumatore potrà infatti accedere a tutte le informazioni riguardanti ogni fase di produzione del vino, dall’origine delle sue materie prime al processo di produzione, dai controlli superati alle certificazioni ottenute e così via, avendo quindi certezza dell’origine e dell’autenticità delle bottiglie e potendo così fare le proprie scelte di acquisto in maniera completamente consapevole.
Se la blockchain quindi offre sicuramente una strategia efficace di anticontraffazione del vino alle aziende, è una risorsa altrettanto importante per proteggere le case produttrici da eventuali falsi e per aiutarle a massimizzare il valore dei propri investimenti sulla qualità dei loro prodotti grazie alla competenza legale e ingegneristica di esperti nel settore della proprietà intellettuale e industriale.