Per le industrie agroalimentari italiane, per garantire trasparenza e immutabilità dei dati prodotti lungo tutta la filiera, la blockchain è una grande opportunità che aggiunge valore ad uno dei settori di punta dell’economia del nostro Paese. Tra i principali casi pratici di blockchain per le industrie agroalimentari italiane ci sono sicuramente la tracciabilità e le certificazioni dei prodotti alimentari, come già avviene nella produzione del vino. Le decine di applicazioni reali della blockchain analizzati dall’Osservatorio Smart AgriFood indicano, infatti, che gli obiettivi di tracciabilità e certificazioni rappresentano l’86% dei casi. È necessario, quindi, tracciare gli alimenti non solo per rispondere a una normativa obbligatoria (Regolamento 178/2002), ma anche perché la disponibilità di dati e informazioni sicuri genera maggiore efficienza dei processi di supply chain – migliorando così la gestione delle scorte e riducendo gli sprechi – protegge dalle frodi alimentari e dai prodotti contraffatti, consolida le relazioni di filiera e rende possibile, da parte del consumatore, la verifica della qualità del prodotto che acquista.
Blockchain, casi pratici
Ma cos’è la blockchain? Letteralmente una catena di blocchi, in pratica
un registro di salvataggio e trasferimento sicuro dei dati. Si tratta di un database contenente un libro mastro (Ledger) di tutte le transazioni eseguite tra gli utenti dalla sua creazione.
Le tecnologie blockchain sono incluse nella più ampia famiglia delle tecnologie distributed ledger, sistemi basati su un registro distribuito, ossia sistemi in cui tutti i nodi di una rete possiedono la medesima copia di un database che può essere letto e modificato in modo indipendente dai singoli nodi.
Questa tecnologia informatica permette di immagazzinare e conservare informazioni in modo innovativo e molto più sicuro rispetto a quanto fatto prima. Un’innovazione tanto più utile e importante nel settore agrifood dove la tracciabilità di filiera diventa sinonimo di sicurezza e trasparenza di ciò che arriva sulle nostre tavole.
La gran parte dei prodotti alimentari passa attraverso molti attori prima di arrivare sulla tavola del consumatore: il produttore, un primo trasportatore, il trasformatore, il confezionatore, un altro trasportatore, il mercante all’ingrosso, il mercante al dettaglio e così via... È sufficiente che solo uno di questi attori falsifichi la data di produzione o modifichi la temperatura di conservazione del prodotto per inficiare tutto il processo. Contaminazione, malattie di origine animale, merci corrotte sono infatti solo alcune delle criticità che incidono sulla sicurezza alimentare. La blockchain evita questi rischi e dà la garanzia di quello che arriva nel piatto. Ma anche le contraffazioni alimentari rappresentano uno dei rischi che la blockchain riesce ad evitare. Se si pensa che l’ultimo rapporto dell’International Property Rights Index 2019 descrive il Made in Italy come il “brand” europeo più contraffatto in assoluto, diventa chiaro quanto, anche sotto questo aspetto, diventi preziosa la tecnologia blockchain. Il Made in Italy è quindi uno tra i primi beneficiari della blockchain.
Se in precedenza le informazioni inserite nel database potevano essere sovrascritte – generando quindi il rischio di essere manomesse – facevano inoltre perdere lo storico già esistente ad ogni sovrascrittura, con la blockchain le informazioni vengono scritte sui blocchi chiusi con una chiave criptografica in modo che non siano più sovrascrivibili e sia necessario creare un nuovo blocco per ogni aggiornamento. In aggiunta questi blocchi non sono salvati in un solo computer, ma duplicati in un centinaio di computer sparsi in tutto il mondo che certificano la validità delle informazioni contenute in ogni nuovo blocco, rendendo così le informazioni incancellabili e immodificabili.
Trasparenza, immutabilità del dato, condivisione dello stesso lungo tutta la filiera e rapidità nel reperire le informazioni relative a ciascun prodotto da parte anche del consumatore sono quindi i benefici principali della blockchain, anche per le industrie agroalimentari italiane.
Si capisce quanto l’applicazione reale blockchain e del suo sistema di tracciabilità diventi particolarmente importante nel settore alimentare, se guardiamo al numero sempre maggiore di segnalazioni di nocività. Solo nel 2018, l’Italia ha inviato 398 notifiche all’Unione Europea di allarmi alimentari con il Sistema di Allerta Rapido (RASSF). L’83% dei cibi pericolosi è di origine estera, di cui il 49% proviene da Paesi europei e il 34% dal resto del mondo.
Blockchain e casi pratici per l’agrifood
Tra le decine di applicazioni reali della blockchain analizzate dall’Osservatorio SmartAgrifood la maggior parte sono legate alla tracciabilità e alle certificazioni dei prodotti alimentari. Tra queste ci sono per esempio:
- la sostenibilità ambientale e sociale, in agricoltura sono stati avviati progetti per il controllo delle pratiche di caporalato;
- la food safety, per esempio nell’alimentare sono attivi progetti per controllare la presenza di allergeni o per rendere più efficiente il ritiro di lotti alimentari compromessi;
- il monitoraggio dei trasporti e delle fasi produttive, come la registrazione dei parametri biologici nelle fasi di produzione del formaggio o della temperatura e della luce nel trasporto dell’olio extra vergine d’oliva.
Altri obiettivi che spingono le industrie agroalimentari italiane ad adottare la blockchain, sono legati alle transazioni:
- le compravendite di beni, ad esempio la compravendita di partite di grano o di capi di bestiame;
- l’erogazione di sussidi legati alla PAC (Politica Agricola Comune) o destinati ai Paesi in via di sviluppo;
- la regolazione dei rimborsi assicurativi.
Grazie poi all’applicazione degli Smart contract nella blockchain (un programma digitale “la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”) è possibile programmare automatizzare e semplificare le transazioni che regolano le relazioni all’interno delle filiere, senza necessità di ulteriori controlli. Un ulteriore strumento che risponde alla crescente domanda di trasparenza dell’industria agroalimentare.