La nutrizione sana si lega senza dubbio all’agricoltura tecnologica, settore al top in Italia per applicazioni disponibili. Sono molti, infatti, gli strumenti a disposizione, dai droni alle immagini iperspettrali. Ma è necessario investire di più lungo tutta la catena del valore per rispondere alla sfida della competitività e alle esigenze del mercato.
Settore alimentare in Italia e nutrizione sana
Il Made in Italy dell’agroalimentare primeggia sul piano della qualità e della sostenibilità ma deve ancora fronteggiare numerose sfide legate alla necessità di innovare i settori produttivi investendo sulla tecnologia agricola lungo tutta la catena di valore per rispondere alla sfida della competitività, alle esigenze del mercato e a una domanda sempre crescente soprattutto di una nutrizione sana. La crescita di richiesta di cibo biologico lo testimonia.
Tutti gli indicatori del bio italiano sono infatti in crescita: il settore fattura 5,6 miliardi di euro l’anno, di cui 3,6 miliardi per il mercato interno e 2 miliardi per l’export. Il 42% dei consumatori italiani è frequent user di prodotti biologici. Dati positivi non solo per la diffusione, ma anche per la produzione agricola: nel 2017 le superfici coltivate in Italia hanno superato 1,9 milioni di ettari, è bio il 15,4% della SAU italiana (superficie agricola utilizzata), mentre le aziende certificate sono quasi 76.000.
A questi dati si aggiungono quelli altrettanto confortanti del settore agroalimentare in generale. I dati del centro studi di Federalimentare parlano chiaro: l’export nel 2018 è aumentato del 2,8% rispetto all’anno precedente producendo un fatturato di oltre 23 milioni di euro (dati aggiornati a luglio 2018). I fattori vincenti dell’agroalimentare italiano sono, tra gli altri, soprattutto l’ampia offerta di prodotti di qualità, certificazioni riconosciute dai mercati internazionali, ma soprattutto la capacità di mantenere saldo il rapporto del prodotto con il territorio d’origine riconoscendolo come patrimonio nazionale. La domanda estera è stata fondamentale per la crescita della produzione italiana. I dati ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) infatti riportano che l’industria alimentare italiana è la seconda del Paese dopo quella meccanica. Il peso totale del fatturato (132 miliardi di euro per l’industria alimentare +55 miliardi di euro stimati per il primario agro-zootecnico) rappresenta l’11,3% sui 1.672 miliardi del Pil nazionale 2016.
La catena del valore di Porter per la competitività
L’analisi dei processi di produzione e distribuzione e della formazione del valore dei beni resi disponibili per il consumo finale rappresenta uno strumento fondamentale per mantenere un vantaggio competitivo, soprattutto nel settore agroalimentare dove l’essere competitivi è un fattore importante quanto complesso. Utile, in questo senso, è la catena del valore di Porter, un modello teorizzato da Michael Porter nel 1985, che permette appunto di valutare in modo dinamico il vantaggio competitivo di un’azienda. La catena del valore si distingue per 5 attività primarie che permettono alle aziende di applicare il modello e tenere sotto controllo il vantaggio competitivo.
Più nello specifico, le attività primarie sono quelle strettamente connesse alla creazione fisica del prodotto, alla commercializzazione, alla consegna e all’assistenza post-vendita.
· La logistica in entrata che comprende tutti i processi di gestione dei flussi dei beni materiali all’interno dell’organizzazione.
· L’attività operativa e struttura di prodotto, in questo caso si fa riferimento alle attività strettamente legate alla produzione di beni e servizi. Le decisioni prese in questa fase influenzano l’offerta dei prodotti e, di conseguenza, la presenza dell’azienda sul mercato e quindi il vantaggio competitivo stesso.
· La logistica in uscita che si riferisce alle attività che gestiscono il flusso dei materiali all’esterno dell’organizzazione.
· Il marketing e le vendite per promuovere il prodotto sul mercato e gestire il processo di commercializzazione. In questa fase l’azienda potrà rafforzare l’immagine del prodotto o servizio, aumentando il vantaggio competitivo nei confronti delle altre aziende.
I servizi post-vendita. Per assicurare all’azienda un vantaggio competitivo è essenziale impostare i servizi di post-vendita che supportano il cliente in caso di necessità. Si tratta di un servizio che viene spesso sottovalutato ma che permette di valorizzare l’intero processo, di costruire valore per il consumatore e di rafforzare il legame con il cliente.
La rivoluzione dell’agricoltura tecnologica
La vera sfida del settore si gioca però sull’introduzione di tecnologie avanzate per un’agricoltura tecnologica sempre più evoluta. Se, infatti, per quanto riguarda l’agricoltura 4.0 l’Italia è al top per tecnologia disponibile, i campi ancora non sono smart. Nonostante la presenza di numerose imprese che offrono soluzioni per la tecnologia agricola digitale, solo l’1% della superficie coltivabile, infatti, è gestita in modo intelligente. Troppo poco per una nazione che fa dell’agricoltura e dell’agroalimentare di qualità un pilastro dell’economia (produzione, trasformazione e distribuzione valgono 300 miliardi di euro, l’11,3% del Pil). Tra gli ostacoli dell’adozione dell’agricoltura 4.0 in Italia una barriera culturale nei confronti dell’innovazione e una limitata consapevolezza dei benefici, ma anche una certa immaturità da parte degli attori dell’offerta, che solo oggi si stanno strutturando per offrire soluzioni effettivamente in linea con i fabbisogni delle aziende.
Secondo i dati contenuti nella ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano, 60 su 480 delle nuove imprese fornitrici di tecnologie per migliorare l’efficienza e la sostenibilità delle produzioni agricole, nate dal 2011 in poi in tutto il mondo, sono italiane, vale a dire il 12,5% del totale. Una percentuale molto alta che pone il nostro Paese al top in fatto di offerta di soluzioni innovative per gli imprenditori agricoli che vogliano praticare un’agricoltura più moderna, redditizia e meno impattante sull’ambiente. Ma questa offerta, per ora, non si trasferisce nelle campagne.
Dai sensori nei campi a quelli sui trattori, dai droni alla logistica controllata, dallo smart packaging alle etichette intelligenti: sono oltre 300 le applicazioni di Smart AgriFood già diffuse in Italia tra produzione, trasformazione, distribuzione e consumo. Soluzioni che migliorano la competitività del settore agricolo e agroalimentare, garantendo più qualità ai prodotti e l’ottimizzazione delle filiere. E che, grazie al digitale, possono contribuire a far partecipare il nostro Paese alla sfida della crescita alimentare globale. L’agricoltura tecnologica 4.0 in Italia ha un mercato di circa 100 milioni di euro, il 2,5% di quello globale: ma nonostante i benefici in termini di riduzione dei costi, di qualità e resa del raccolto, la diffusione di queste soluzioni è ancora appunto limitata.
Droni e immagini iperspettrali per un’agricoltura tecnologica
L’agricoltura di precisione (AP) negli ultimi anni ha destato un grande interesse per l’evoluzione delle applicazioni che consentono di aumentare la resa e la qualità della produzione agricola usando meno input (acqua, energia, fertilizzanti, fitosanitari) riducendo le voci di spesa ed aumentando la competitività delle imprese e la sostenibilità ambientale. Le molteplici applicazioni di questo sistema di gestione integrato, possono essere considerate strumenti di studio della variabilità degli ambienti di produzione agricola e consentono di fare la cosa giusta al momento giusto e al punto giusto. Emerge chiaramente che l’AP attraverso le applicazioni sito-specifiche, rappresenta una straordinaria opportunità per rendere efficiente il comparto produttivo, a sostegno di una sostenibilità che genera effetti positivi non solo sull’ambiente ma anche sulla tracciabilità dei prodotti, in quanto favorisce la condivisa comunicazione in tutta la filiera agroalimentare, dal campo al consumatore.
Dal vigore vegetativo alla presenza di patogeni e infestanti, dal grado di maturazione dei frutti allo stress idrico dei terreni. Sono queste le informazioni che è possibile ottenere in tempo reale grazie all’utilizzo di un drone al quale è applicato un sensore iperspettrale, un dispositivo unico in Italia e quarto al mondo. In questo modo si evitano costosi campionamenti che, richiedendo tempi lunghi per le analisi di laboratorio, rischiano di avere un impatto sui prodotti, soprattutto quelli biologici, per i quali invece l’assenza di trattamenti richiede interventi particolarmente tempestivi.
Secondo quanto riporta l’Osservatorio Agroalimentare, la tecnologia innovativa, che segna un ulteriore passo avanti per l’agricoltura tecnologica di precisione, è stata sviluppata da Multioptic Drone, startup marchigiana con sede a Gabicce Mare, nel pesarese. «Volevamo semplificare le operazioni che avvengono in agricoltura», dice Niccolò Ubalducci, uno dei due soci fondatori. «Il drone vola sopra il campo e acquisisce una serie di immagini», spiega Davide Diotalevi, che ha avuto l’idea iniziale, «colorate a seconda degli indici che si vogliono analizzare». Successivamente c’è una fase di post processing, affidata a un agronomo interno all’azienda, durante la quale le immagini vengono interpretate e trasformate in quelle che i tecnici definiscono mappe di prescrizione, esattamente le zone del terreno da trattare. «Significa un risparmio di concimi e fertilizzanti del 40% e dell’acqua fino al 90%». Ci sono molte componenti ambientali che possono essere studiate grazie alle immagini iperspettrali: dalla composizione dell’atmosfera, alla qualità dell’acqua, al tipo di terreno. L’Italia punta a far sì che entro il 2021 almeno il 10% della superficie agricola coltivata veda l’utilizzo di mezzi e tecnologie di precision farming.