Immaginate di essere seduti a tavola e di poter conoscere in pochi secondi con un click sul vostro smartphone ogni dettaglio della tracciabilità alimentare di quello che avete nel piatto e nel bicchiere, ogni particolare della provenienza degli alimenti che avete davanti. L’azienda produttrice, i numeri di lotto, le indicazioni sulla lavorazione, le date di scadenza, lo stoccaggio, la data di spedizione. Fantascienza? No si tratta di una realtà già ben presente. Una realtà grazie alla quale quello che compriamo e mangiamo non ha più segreti. La garanzia di questa sicurezza e trasparenza è dovuta a una tecnologia rivoluzionaria, la blockchain, o “catena dei blocchi”, l’innovazione 4.0 che sta trasformando il modus operandi di molte imprese in tutto il mondo, compreso il settore agro-alimentare, con ricadute decisamente positive su tutti gli attori della filiera.
La tecnologia resa famosa dalle criptovalute come i Bitcoin, finora appannaggio solo del mondo finanziario, sta trasformando anche il settore del food e in particolare l’agroalimentare. Contaminazione, malattie di origine animale, gestione dei rifiuti, merci corrotte sono alcune delle criticità che incidono sulla sicurezza alimentare ma per le quali oggi la blockchain fornisce la soluzione.
Proprio l’utilizzo della catena dei blocchi, basata su database distribuiti, rende immodificabili dati quali prezzo, ingredienti e data di scadenza, garantendo così transazioni verificate e immuni da violazioni, con il vantaggio della tracciabilità dei prodotti praticamente in tempo reale per tutta la filiera del food: dai rivenditori ai fornitori, dai coltivatori ai distributori sia della grande distribuzione organizzata (GDO) che della distribuzione Horeca, cioè il canale che distribuisce a hotel ristoranti, trattorie, pizzerie, bar e catering.
In un mondo dove la sostenibilità economica, intesa come capacità di generare in particolare reddito e lavoro, ma anche di salvaguardare il capitale economico, umano/sociale e naturale, la rivoluzione innescata dalla blockchain nel settore agroalimentare riveste sicuramente un’importanza di primo piano.
Smart AgriFood: boom dell’agricoltura 4.0
Il termine Smart Agrifood identifica, in estrema sintesi, una visione del futuro della filiera agricola e agro-alimentare secondo cui, grazie alle tecnologie digitali, l’intero comparto aumenterà la propria competitività. In questo contesto l’Osservatorio Smart AgriFood vuole porsi come punto di riferimento in Italia per comprendere appieno le innovazioni digitali che stanno trasformando la filiera agricola e agro-alimentare. Il Rapporto dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del politecnico di Milano ha mappato 110 imprese del comparto (74% brand affermati e 26% startup) che offrono oltre 300 soluzioni tecnologiche di Agricoltura 4.0 con ruoli e posizionamento diversi lungo una filiera che in Italia, ormai, vale circa 400 milioni di euro registrando un aumento del 270% in un solo anno, pari al 5% di quello globale e al 18% di quello europeo. In questo contesto favorevole, anche le start up che propongono soluzioni digitali al settore agricolo e agroalimentare sono in grande crescita: sono 500 le start up nel mondo, per un totale di 2,9 miliardi di dollari di investimenti raccolti, attive soprattutto in ambito di e-commerce (65%) e Agricoltura 4.0 (24%).
“Il successo delle imprese agricole passa sempre di più dalla capacità di raccogliere e valorizzare la grande mole di dati che si generano”, come suggerisce il direttore dell’Osservatorio Smart AgriFood Filippo Renga.
Secondo i dati della ricerca 2018 dell’Osservatorio, infatti, l’interesse per le applicazioni della blockchain in ambito alimentare è in grande crescita: sono 42 i progetti internazionali e italiani mappati dal 2016 e il 2018, più che raddoppiati nell’ultimo anno. Si tratta di progetti che nel 24% dei casi trovano applicazione in diversi ambiti, nel 21 per cento sono dedicati alla filiera della carne, nel 17% all’ortofrutta e nel 10% al cerealicolo.
Tracciabilità alimentare: grandi manovre nel mondo e in Italia
La tracciabilità alimentare, cioè la capacità di tenere traccia di ogni alimento o sostanza che viene utilizzata per il consumo, e di tutti i processi che questi hanno subito, non solo genera un miglioramento della gestione delle scorte, la riduzione degli sprechi alimentari e il consolidamento delle relazioni di filiera, ma la immutabilità delle informazioni promesse dalle piattaforme blockchain fornisce anche la trasparenza lungo tutta la filiera, soddisfacendo così la richiesta sempre maggiore del consumatore. Per questi motivi in tutto il mondo alimentare sono state avviate grandi manovre per istituire una blockchain per la tracciabilità alimentare da una cordata di aziende a cui si sono consorziati una serie di partner come Discoll, Golden State Foods, Kroger, MvCormick& Company, McLane Company, Tyson Foods e IBM. È ormai l’universo alimentare a vedere nella blockchain un supporto fondamentale. Giganti come Walmart, Nestlè, Unilever, Dolce e Carrefour stanno sperimentando un nuovo modello integrato di tracciabilità alimentare capace di impostare informazioni condivise lungo tutta la Food chain.
Qualche esempio. La prima blockchain messa in opera da Carrefour è operativa da settembre 2018 sulla filiera del pollo allevato all’aperto senza antibiotici. All’esperienza del pollo è seguita poi quella degli agrumi e altre aperture sono previste entro il 2022.
Walmart ha invece lavorato con IBM a una soluzione di blockchain per la sicurezza alimentare e ha annunciato che sta richiedendo che tutti i fornitori di verdura a foglia verde carichino i loro dati sulla blockchain entro settembre 2019. Mentre la piattaforma di tracciabilità della filiera vitivinicola eNology si mette al servizio delle produzioni vitivinicole per garantire e certificare qualità.
E l’Italia non vuole certo stare a guardare ed è in prima fila in questa rivoluzione della tracciabilità alimentare con Carrefour Italia, che come detto ha dato il via alla tracciabilità sul pollo allevato a terra.
Il consumatore potrà accedere attraverso un QR code (codice a barre bidimensionale) alle informazioni su 29 allevamenti, 2 mangimifici e un macello, facendo così acquisti più consapevoli. Sulla stessa linea si sta muovendo la Coop.
Barilla ha avviato il tracciamento del basilico per i sughi pronti, mentre Perugina per i suoi Baci si avvale della blockchain per evitare il rischio di contraffazioni. Così come il Gruppo Italiano Vini ha avviato un progetto di tracciabilità alimentare, mentre EY Italia ha studiato una soluzione di Wine blockchain.
L’utilizzo della blockchain per il contrasto delle frodi alimentari
È chiaro a questo punto che aumentare la trasparenza e la tracciabilità di un prodotto significa anche fornire utili strumenti contro le frodi alimentari. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ogni anno 60 milioni di persone si ammalano nel mondo a causa di cibi non idonei agli standard qualitativi e circa 420.000 sono le morti dovute al consumo di cibo contaminato.
Con 863 prodotti agroalimentari a denominazione di origine controllata, a indicazione geografica e STG (Specialità tradizionale garantita) riconosciuti dall’Unione Europea, l’Italia è leader assoluto nel campo delle eccellenze agroalimentari. Anche il modello di tutela italiano delle indicazioni geografiche DOP e IGP è divenuto un riferimento a livello europeo. Se “nel 2018 il settore agroalimentare si è confermato strategico per l’economia italiana con oltre 42 miliardi di export e i controlli nel settore sono sempre più un fattore di marketing attivo” – come si legge nel Report Attività 2018 curato dal Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaft – si capisce quanto la blockchain rappresenti uno strumento fondamentale per le aziende del settore contro le frodi. Il 30% infatti delle imprese che adottano soluzioni digitali di tracciabilità alimentare rileva una riduzione degli errori di inserimento dei dati e del rischio di manomissione.
Blockchain e smart contract diventano legge
Un aiuto a continuare su questo percorso di trasparenza e garanzia viene anche dalla Legge. Con il decreto semplificazione 2019 infatti blockchain e smart contract (questi contratti registrati con una transizione su rete blockchain) diventano legge. Nel decreto, approvato dal Consiglio dei Ministri contestualmente ad un decreto fiscale e al disegno di legge di bilancio 2019, ci sono infatti anche misure di semplificazione per le imprese agroalimentari; la definizione dei registri distribuiti (blockchain) e un fondo di venture capital con cassa depositi e prestiti per investire nelle start up innovative che utilizzino questa tecnologia a sostegno del made in Italy.
Ma cosa sono precisamente gli smart contract? In breve si tratta della “traduzione” o “trasposizione” in codice di un contratto in modo da verificare in automatico l’avverarsi di determinate condizioni e di autoeseguire in automatico azioni (o dare disposizione affinché si possano eseguire determinate azioni) nel momento in cui le condizioni determinate tra le parti sono raggiunte e verificate. In altre parole lo smart contract è basato su un codice che “legge” sia le clausole che sono state concordate, sia le condizioni operative nelle quali devono verificarsi le condizioni concordate e si autoesegue automaticamente nel momento in cui i dati riferiti alle situazioni reali corrispondono ai dati riferiti alle condizioni e alle clausole concordate.