Alberto Fernández ha vinto le elezioni presidenziali con il 48% dei voti, una vittoria che è stata largamente prevista fin dalle primarie in agosto. Il presidente uscente Macri ha ricevuto il 40% dei voti, ma la sua coalizione dovrebbe avere una quota di voti considerevole al Congresso. L'Argentina si trova in una posizione peggiore rispetto al 2015: il rapporto debito/PIL è quasi raddoppiato nel corso del mandato di Macri' ed è ora vicino al 100%. Il tasso di disoccupazione è del 10,1% e l'inflazione è superiore al 50%. Dopo essere sceso al 25,7% nel 2017, il tasso di povertà ha raggiunto il 35,4%. Ci aspettiamo una recessione prolungata (-3% quest'anno, - 4% l'anno prossimo) in quanto le condizioni di finanziamento più difficili dovrebbero colpire consumatori e imprese; il rischio politico dovrebbe aumentare pesando sul mondo delle imprese e sul rischio di mancato pagamento. In effetti, la piattaforma politica di Fernández si adatta alla nostra narrativa del ciclo illiberale - rinegoziare il debito, intervenire per rilanciare la crescita incrementando i consumi interni - ma c'è poco margine per farlo. Rimane un rischio considerevole di una ristrutturazione più profonda del debito pubblico, con tagli al capitale (Fernandez ha accennato a un haircut di circa il 20%) o un default non ordinato del debito.