La Fed ha lasciato invariati i tassi d’interesse tra il 2,25% e il 2,50% rimanendo prudente su qualunque allentamento di politica monetaria. Tali livelli dovrebbero rimanere fino alla fine dell'anno secondo la maggior parte dei membri della Fed, stando alle minute del meeting. La decisione è stata presa malgrado il pressing di Trump che ha esortato a tagliarli di un punto, il che significherebbe andare in area 1,25%-1,50%, ovvero dove gli Usa si trovavano circa un anno fa prima dei rialzi che hanno caratterizzato il 2018.
Il Pil Usa (per dimensioni, equivale ad oltre dieci volte il Pil italiano) è infatti sopra le attese e non sembra risentire della guerra protezionistica. L'economia numero uno al mondo, che rappresenta circa un quarto del PIL globale, nel primo trimestre del 2019 è aumentata del 3,2%, nettamente sopra il +2% previsto dagli analisti. In confronto, nello stesso periodo il PIL nell'Eurozona è salito dello 0,4%, e nella Ue dello 0,5%.
Proprio per il loro peso, gli Usa influenzano l’economia globale attraverso l’enorme volume delle proprie importazioni. La Cina, ad esempio, ha rallentato la crescita del Pil tra il 6,6 e il 6% nel 2018, ai minimi dal 1990, risentendo degli effetti dei dazi Usa.
L'economia Usa è cresciuta del 2,9% nel 2018, il massimo da 13 anni a questa parte, e del 2,2% nel 2017. L’accelerazione è dovuta al forte recupero delle vendite al dettaglio (i consumi rappresentano oltre due terzi dell'output Usa) spinte dall’occupazione record e dai benefici dovuti al taglio delle tasse operati dall’Amministrazione Trump.
Queste misure nel medio termine potrebbero avere effetti sul debito americano, piazzato all'ottavo posto nella classifica globale, dinnanzi a casi comunemente ritenuti assai più gravi.
I rapporti commerciali italiani con le due superpotenze cinese e americana non sono così stretti. Usa e Cina rappresentano, complessivamente, il 13% ca. dell’export italiano.