Il Giappone ha sorpassato la Svizzera nella graduatoria dei maggiori incrementi delle vendite italiane sui mercati internazionali ma, in realtà, il maggior contributo alla crescita dell’export Extra UE è dato dall’America Settentrionale, comprensiva degli Stati Uniti, seguita dagli altri Paesi asiatici.
Ancora in forte calo Paesi OPEC e Turchia.
Il Giappone, che ha una popolazione doppia e un PIL pro-capite superiore del 10% a quello italiano, è molto interessato al nostro cibo e al nostro abbigliamento (scarpe comprese), in ciò favorito dell’ Economic Partnership Agreement siglato recentemente con la UE (JEFTA). I prodotti agroalimentari, in particolare, godono di maggiori tutele ed esenzioni e riduzioni tariffarie. I consumi di vino, ad esempio, sono cresciuti notevolmente negli ultimi anni, ed ora si stanno affermando anche i salumi e i formaggi. I consumi interni dei giapponesi sono infatti molto concentrati (per oltre ¼) nel comparto agroalimentare, che manifesta una crescita piatta (+0,9% a maggio contro +0,7% tendenziale a giugno dei prezzi al consumo). È presumibile pertanto che si stia realizzando un effetto sostituzione dai prodotti locali ai nuovi prodotti di importazione mano a mano che i gusti europei prendono piede. Una spinta viene dal cambio euro yen, il cui trend permane ribassista.
All’estremo opposto la Turchia, che continua a perdere posizioni, anche se il calo dell’export italiano ha leggermente rallentato. Il Belpaese è il quinto partner commerciale (dopo Germania, Russia, Cina e Usa) con numerose aziende attive in Turchia. In forte calo l’export italiano di alcuni settori a maggior valore aggiunto, come autoveicoli e relativi accessori, ma diminuzioni registrano anche le materie plastiche e le macchine tessili. Le piccole e medie aziende sono le più esposte in quanto non sempre risultano coperte sul rischio di controparte. Inoltre le incognite riguardano l’immediato futuro, e le mosse sulla scelta del taglio dei tassi dopo il licenziamento del governatore della banca centrale.