È un business quello della smart mobility che in Italia vale oggi 1,8 miliardi e, nonostante il crollo del mercato dell’auto nel 2020, ha resistito all’urto della pandemia anche grazie allo sviluppo di applicazioni IoT (Internet of Things). La mobilità intelligente – soprattutto su larga scala nell’ottica di una migliore gestione della flotta aziendale – caratterizzerà sempre di più le città del futuro e rappresenta già oggi una delle sfide maggiori del settore automotive e il tema strategico per l’85% dei Comuni italiani con più di 15mila abitanti. Ma la smart mobility cos’è.
- Auto connessa,
- car sharing,
- bike sharing,
- veicoli elettrici o senza autista,
- mobilità cooperativa, Mobility as a Service,
tutto questo costituisce la smart mobility, il nuovo modo di muoversi in città grazie anche alle tecnologie digitali. Una mobilità che nasce soprattutto dalle applicazioni IoT in un settore chiave per lo sviluppo sostenibile, quello appunto dei trasporti e dell’automotive.
I benefici della connected car nella gestione della flotta aziendale
La “connected car” è un’automobile connessa a Internet e dotata di dispositivi IoT che le consentono di comunicare con l’ambiente circostante. Si tratta di una vettura che può condividere il proprio accesso a Internet con i passeggeri e consentire l’accesso ai suoi dati da dispositivi che si trovano all’interno dell’auto ma anche da remoto.
Un terzo del mercato è rappresentato dai sistemi Adas (Advanced Driver Assistance Systems) integrati nei nuovi modelli, come la frenata automatica d’emergenza o il mantenimento del veicolo in corsia. Ma sono molti altri i benefici offerti dalle auto connesse.
- Comunicare con i sistemi di navigazione satellitari per condividere i dati sul traffico, e al tempo stesso ricevere quegli stessi dati per suggerire deviazioni al percorso in modo da saltare le code;
- accendere l’aria condizionata qualche minuto prima di salire a bordo;
- fornire un servizio di concierge (ad esempio è possibile, mentre si è in strada, far prenotare all’auto un albergo, un parcheggio o un ristorante vicino alla destinazione).
Le auto connesse usufruiscono delle applicazioni IoT, che ormai interessano qualsiasi ambito della nostra quotidianità, e sono in grado, non solo di comunicare con altri oggetti, ma consentono anche al proprietario di controllare e gestire da remoto alcune funzioni dell’auto. Oltre a consentire agli automobilisti di accedere, generalmente tramite smartphone, a informazioni relative allo stato della propria auto, alla sua localizzazione e ai dati tecnici, le auto connesse sono anche capaci di avvertire i servizi di emergenza in caso di incidente, di contattare l’officina se qualcosa nel motore non va come dovrebbe, di avvertire il gommista se si fora. La connected car è in grado quindi di soddisfare una vasta gamma di esigenze grazie alle sue molte funzioni. Anche per le imprese le connected car rappresentano un grande beneficio nella gestione della flotta aziendale. I dati provenienti dalle auto connesse consentono infatti di programmare con anticipo gli interventi di manutenzione, con risparmio di tempo e costi, limitare i casi di uso fraudolento (ad esempio, l’uso di veicoli aziendali a scopo personale invece che lavorativo) e incentivare uno stile di guida più responsabile (limitando il tasso di incidenti e il consumo di carburante).
Considerando un periodo di cinque anni, l’Osservatorio “Connected Car & Mobility: come riscrivere la mobilità del futuro” della School of Management del Politecnico di Milano, stima per il passaggio a una flotta di auto connesse un valore attuale netto di oltre 3mila euro nel caso di una piccola impresa e di 48mila euro nel caso di una media azienda, con un tempo di recupero dell’investimento pari rispettivamente a due e tre anni.
Applicazioni IoT per il piano di mobilità sostenibile
<p> Oltre ai benefici economici e in termini di sicurezza, le smart car danno un importante contributo anche per quanto riguarda la sostenibilità ambientale. I veicoli autonomi e connessi (Cav) riducono infatti le emissioni di gas serra e aiutano i cittadini a limitare il tempo normalmente trascorso nel traffico. Secondo le stime dell’Osservatorio, nel caso di un pendolare che viaggia nelle ore di punta con un tasso di penetrazione Cav del 70% è possibile tagliare il tempo passato nel traffico del 63% se il Cav è di tipo V2V (dotato cioè di sistemi di comunicazione tra veicolo e veicolo) e del 34% se il Cav usa sistemi di comunicazione V2I (fra veicolo e infrastruttura). In termini di impatto ambientale, nella sola città di Milano si avrebbero circa 400 tonnellate di emissioni di CO2 in meno ogni anno utilizzando sistemi V2V e 2.700 tonnellate in meno all’anno con i sistemi V2I. Per azzerare le emissioni di CO2 in Europa entro il 2050 tutti i mezzi di trasporto dovranno diventare più sostenibili. Per permettere questa transizione il piano di mobilità sostenibile presentato dall’Unione Europea prevede entro il 2030 la presenza di almeno 30 milioni di auto a emissioni zero e entro il 2050 la riduzione del 90% delle emissioni dei trasporti.
Connected car e privacy
Le connected car accolgono dati al pari di un computer o di uno smartphone, anche se questi non sono riconducibili direttamente ad un nome. Ad esempio, il veicolo immagazzina informazioni sullo stile di guida e la velocità, oppure raccoglie i dati derivanti dalla connessione con il telefonino dell’utente. Particolare rilievo assumono le informazioni relative alla geolocalizzazione, perché sono rivelatrici delle abitudini dell’utilizzatore del mezzo e possono svelare il luogo di residenza o di lavoro, oppure i centri di interesse del conducente, da cui si deducono informazioni sensibili. I proprietari dei veicoli dotati di questo tipo di tecnologia, spesso, trascurano tale aspetto e, quindi, non ne hanno il controllo. Ad esempio, cosa accade ai dati che l’auto intelligente ha immagazzinato quando il proprietario decide di venderla? Non si parla solo dei dati del titolare del mezzo, ma anche di quelli della sua famiglia e di eventuali passeggeri. Le linee guida approvate dall’Edpb, il Comitato Europeo per la protezione dei dati sono rivolte sia ai produttori che agli utilizzatori di auto connesse. Nelle linee guida, ai produttori e sviluppatori di automobili intelligenti, viene chiesto di agire mediante la protezione dei dati fin dalla progettazione (privacy by design) e mediante la protezione per impostazione predefinita (privacy by default), come previsto dall’art. 25 del GDPR. Lo scopo da raggiungere è che le auto raccolgano e trasmettano la minor quantità possibile di dati relativi agli occupanti del veicolo.
Auto connessa e sviluppo di applicazioni IoT
Entro quattro anni si assisterà ad un vero boom di connected car. Da qui al 2025, infatti, i tre quarti delle nuove auto saranno connesse. Un mercato globale destinato a raddoppiare fino a raggiungere i 270 milioni di esemplari venduti. E la corsa all’auto sempre più tecnologica e connessa non si fermerà. Già hanno fatto il loro ingresso sul mercato i primi modelli 5G e dal 2025 una connected car su 5 sarà equipaggiata con connettività 5G. A trainare saranno il mercato della Cina e quello degli Stati Uniti, che insieme conteranno su più del 50% delle auto 5G su scala globale.