Le aziende biotecnologiche in Italia continuano a crescere. Il comparto - che raccoglie le imprese attive nello studio, nella sperimentazione e nello sviluppo di tecnologie con diversi ambiti di applicazione dalla salute all’ambiente, dall’industria all’agricoltura e zootecnia - conta 641 aziende attive nel 2018 di cui 334 a capitale italiano, con un numero di addetti che sfiora le 13mila unità (con un incremento del 15%). Il giro d’affari delle imprese biotecnologiche, che supera gli 11,5 miliardi di euro, ha fatto registrare un +16% negli ultimi tre anni, quasi due volte e mezzo quello rilevato nel settore manifatturiero, mentre gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, comparto che conta 360 imprese, sono aumentati del 17%.
Questa è in sintesi la fotografia delle aziende biotecnologiche in Italia, secondo i dati aggiornati a marzo 2019, di Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Assobiotec (Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie), che riunisce e rappresenta circa 130 imprese e parchi tecnologici e scientifici operanti in Italia nei diversi settori di applicazione delle biotecnologie.
Il settore, strategico per la sostenibilità economica e la competitività dell’Italia, è quindi in buona salute e, come mostrano i principali indicatori economici, è in costante crescita, ma ha bisogno ancora di strategie nazionali di medio-lungo periodo a favore di innovazione e ricerca per poter esprimere, a pieno, il proprio potenziale e assicurare così competitività e crescita al Paese.
Imprese biotecnologiche in Italia: domina la biotecnologia sanitaria
A livello geografico l’80% delle imprese si trova nel centro-nord del Paese e quasi il 90% del fatturato delle aziende biotecnologiche in Italia si concentra in sole tre regioni: Lombardia, Lazio e Toscana. La Lombardia si conferma la prima regione in Italia per numero di imprese (16 pari al 28% del totale), investimenti in R&S (23% del totale) e fatturato biotech (32% del totale). Seguono per numero di imprese il Lazio (58) ed Emilia Romagna (57). Guardando invece agli investimenti in R&S, dopo la Lombardia, è la Toscana (solo al sesto posto in termini di numero di imprese) la regione che più investe nel biotech, seguita dal Lazio.
Il comparto delle imprese biotecnologiche, di cui il 78% è costituito da piccole o micro aziende, mentre le grandi (con almeno 50 addetti) rappresentano il 9% del totale, è dominato da quelle che si occupano di salute. È infatti la biotecnologia sanitaria il motore trainante del settore. Le cosiddette “Red biotech” rappresentano il 50% del totale e il 74% del fatturato. Seguono le aziende di biotecnologia industriale e biotecnologia ambientale (che insieme raggruppano il 29% delle imprese e il 12% del giro d’affari), quindi le Gpta, che comprendono la biotecnologia genomica, quella proteomica e le tecnologie avanzate, (che rappresentano il 12% delle imprese e l’1% del fatturato) e infine le aziende impegnate in biotecnologie agroalimentari (con il 9% delle imprese e l’8% del fatturato). Anche per quanto riguarda gli investimenti in R&S è la biotecnologia sanitaria a primeggiare con l’88,5% del totale degli investimenti.
Biotecnologia sanitaria e nuove frontiere della ricerca
Le terapie avanzate sono tra i settori di eccellenza della biotecnologia sanitaria, tra quelle oggi disponibili in Europa tre sono infatti frutto della R&S italiane. Le ultime frontiere della medicina sono proprio il terreno più complesso per la ricerca di un equilibrio tra innovazione e sostenibilità dei sistemi sanitari.
Un settore emergente che lavora spesso in stretta sinergia con le biotecnologie per la salute è quello legato alla genomica, proteomica e tecnologie abilitanti (Gpta), un settore che apre anche molte prospettive nelle sue applicazioni all’agricoltura. Sono tanti i contributi che la genetica ha infatti fornito in termini di nuove varietà coltivate dagli agricoltori. Bisogna distinguere a questo punto tra OGM e tecnologia MAS (acronimo di Selezione Assistita con Marcatori molecolari). La MAS consente di selezionare in modo molto efficiente piante che portano specifici caratteri (spesso resistenze a malattie) nell’ambito della biodiversità, generata di solito tramite incrocio. Già in uso da diversi anni, queste tecniche permettono di trasferire in modo efficiente molti caratteri di interesse nelle piante coltivate, e oggi diverse varietà diffuse in Italia già derivano dall’applicazione di questa tecnologia. La nuova frontiera invece nel campo delle biotecnologie industriali è la biologia sintetica, grazie alla quale negli ultimi anni, si sta esplorando la strada della progettazione e sintesi di piccoli organismi viventi il cui genoma non esiste in natura e deriva da una modifica sostanziale del genoma dell’organismo di partenza. I vantaggi che si potrebbero ricavare da questo nuovo campo scientifico e tecnologico, all’incrocio tra la biologia molecolare, la genetica e l’ingegneria, sono enormi, sia in campo industriale che ambientale. Organismi e strutture ingegnerizzati potrebbero infatti agire, per esempio, come sensori per rilevare la presenza di inquinanti o degradare le sostanze nocive in composti più semplici non dannosi per l’uomo e l’ambiente.
Un altro settore in cui la ricerca sta facendo passi da gigante è quello delle biotecnologie ambientali. Dal risanamento dei siti inquinati alla trasformazione dei rifiuti in nuove risorse, dalla trasformazione degli scarti della carta e dell’industria agro-alimentare, fino all’utilizzo di alcune parti animali, come il carapace di alcuni crostacei da cui si può ottenere una pellicola commestibile per rivestire frutta e verdura aumentandone la durata e limitandone la conservazione batterica, o ancora all’utilizzo di scarti dell’industria farmaceutica come il collagene che potrebbe sostituire l’uso degli antibiotici nella conservazione del formaggio o di altri prodotti alimentari.
L’intero settore delle biotecnologie in Italia mostra quindi un quadro che definisce un trend positivo e dimostra soprattutto la vitalità della ricerca, con valori assoluti di investimenti però ancora non competitivi. Un settore che necessita, come sottolineano gli esperti, di una governance efficace e certa che parta dalla ricerca di base e arrivi all’accesso al mercato, così come di una strategia nazionale in grado di sostenere competitività, innovazione e attrazione di investimenti.