Dopo l’industria del petrolio quella della moda è decisamente la più inquinante e la sfida del settore si sta concentrando sempre di più sulla ricerca di tessuti innovativi ecologici e naturali. L’intera filiera, infatti, comprende non solo l’industria tessile, dell’abbigliamento, della pelletteria e delle calzature, ma anche la produzione di materie prime. Tutto questo comporta lunghe catene di fornitura e produzione con grande dispendio energetico, che si traduce in un’enorme quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera. Si stima, secondo i dati forniti da Fashion For Goods, che per il 2030 il solo consumo di abbigliamento sia destinato a crescere del 65% che, tradotto in consumi, significa un incremento del 49% dell’utilizzo di acqua e di agenti chimici, il 63% di emissioni in più e una produzione di rifiuti più alta del 61%. Per produrre una singola T-shirt di cotone, ad esempio, vengono impiegati circa 2.700 litri di acqua e prodotti 10 chili di CO2. Secondo Current Global - società statunitense di consulenza per l’innovazione sostenibile della moda - l’anello meno sostenibile della catena di produzione dell’industria della moda è proprio quello delle materie prime, uno dei più complessi e difficili da tracciare.
Obiettivo quindi irrinunciabile per il futuro del settore è quello di orientare sempre più ricerca e creatività verso tessuti sostenibili per un abbigliamento sempre più etico.
Una rivoluzione non facile ma che, con il tempo, ha coinvolto tutti gli attori del panorama moda, dai piccoli brand alle grandi maison, e ovviamente gli stessi produttori sempre più impegnati a sperimentare nuovi tessuti innovativi e a impatto zero.
L’eco-guida di Google per brand sostenibili
Un aiuto in questo senso verrà da un nuovo progetto di Google, in collaborazione con Current Global, che intende raccogliere dati relativi a materiali e tessuti ecologici e riciclati.Una sorta di eco-guida per i marchi di moda che potranno così conoscere i livelli di inquinamento e consumo del suolo e dell’acqua per ogni tipo di fibra e fare così scelte più responsabili.
La prima fase del progetto prenderà in esame cotone e viscosa: il primo rappresenta il 25% delle fibre usate dall’industria della moda nel mondo, la seconda fibra è in rapida crescita ma legata alla deforestazione. La fase pilota è stata avviata in collaborazione con Stella McCartny, marchio pioniere nel campo della sostenibilità della moda (di fatto è la più grande azienda al mondo per uso di fonti energetiche rinnovabili ndr), una partnership annunciata al Copenaghen Fashion Summit, da dieci anni la più importante piattaforma per discutere del futuro sostenibile della moda.
La Carta per la Moda Sostenibile
La famosa azienda inglese è stata anche promotrice della prima Carta per la Moda Sostenibile, un documento presentato il 10 dicembre scorso a Katowice, in Polonia, al vertice delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici che porta per ora la firma di 40 grandi marchi internazionali tra cui Adidas, Burberry, Esprit, Guess e Gap, Stella McCartney, Kering Group, H&M Group.
Un documento impegnativo che vede come obiettivo iniziale la riduzione delle emissioni aggregate di gas serra del 30% entro il 2030, a questo si aggiungono immediate misure concrete come l’eliminazione delle caldaie a carbone o di altre fonti di riscaldamento a base di carbone presso i propri stabilimenti a partire dal 2025. Altro impegno fondamentale per i firmatari della Carta è proprio la selezione e l’utilizzo di tessuti sostenibili, a cui si aggiunge il trasposto a basse emissioni di carbonio.
Eco-fashion: cosa fanno i grandi Gruppi
Il Gruppo Kering (che tra gli altri comprende Gucci, Saint Laurent, Balenciaga e Bottega Veneta) si è dato il 2025 come data limite per la riduzione del 40% di emissioni di gas serra e intanto nei suoi laboratori si sperimentano più di 3.000 tessuti innovativi. Il Gruppo LVMH (tra le sue label figurano Louis Vuitton, Dior, Celine e Fendi) si sta invece concentrando sul packaging sostenibile, che è stato ridotto del 60% nelle sue misure per molti prodotti del Gruppo. Il colosso svedese H&M Group invece, ad aprile ha messo in vendita la collezione “Conscious” realizzata interamente con cotone 100% biologico, poliestere riciclato e materiali di nuova generazione come Pinatex, una pelle vegetale ricavata dagli scarti delle foglie dell’ananas.
Alcune eccellenze italiane
Un po’ tutte le grandi maison italiane hanno avviato da tempo ricerche e produzioni volte al recupero e alla valorizzazione di tessuti innovativi naturali e sostenibili. Armani ad esempio ha realizzato intere collezioni utilizzando tessuti come canapa, lino e cotone trattati in modo naturale in tutte le fasi di lavorazione. E le sperimentazioni non hanno sosta. Una delle prime stiliste ad avere parlato di tessuti innovativi è stata Miuccia Prada quando, con grande lungimiranza, già anni fa aveva capito l’importanza di trovare un’alternativa ecosostenibile al tessuto simbolo del marchio, il nylon, in grado però di mantenere anche le stesse qualità tecniche ed estetiche. Tutte queste qualità sono state individuate nel nylon riciclato o rigenerato con il quale Prada ha realizzato una prima capsule, chiamata Prada Re-Nylon. L’abbigliamento sostenibile è la strada del futuro e per questo Prada ha avviato una collaborazione con Aquafil, azienda trentina nata nel 1969 che produce l’ECONYL®, un filo di nylon brevettato e realizzato con rifiuti di plastica recuperati negli oceani, o destinati alle discariche. Attraverso un processo di depolimerizzazione e ripolimerizzazione il filato ECONYL® può essere riciclato all’infinito senza perdere le sue qualità.
Per sottolineare la circolarità della scelta e il fatto che Prada Re-nylon è un progetto culturale prima che commerciale, Prada ha deciso che una parte del ricavato delle vendite della capsule sarà devoluta a favore di progetti per la sostenibilità ambientale.
Un altro pioniere nella ricerca di tessuti innovativi ecologici e naturali è Loro Piana che, in occasione dell’ultima edizione di Milano Unica, ha presentato Clima System, una innovativa membrana in grafene, il più grande conduttore termico al mondo. Si tratta di un materiale di origine naturale in grado di raccogliere il calore corporeo e ridistribuirlo in maniera uniforme sull’indumento indossato.
Sempre nel campo della ricerca di tessuti innovativi e ecosostenibili Max Mara ha brevettato CamelLux, una fibra ricavata dagli scarti della lavorazione del cammello la cui lana è impiegata per i famosi cappotti del brand che, uniti al poliestere riciclato, permettono di ottenere una fibra dalla qualità altamente isolanti.
E ancora un’altra grande firma dell’Alta Moda italiana, Salvatore Ferragamo, utilizza ormai da anni un tessuto prodotto dall’azienda italiana Orange Fiber, molto simile alla seta e ottenuto a partire dagli scarti degli agrumi.
Obiettivi sostenibili anche per i brand più giovani
Accanto ai colossi della moda in Italia esistono anche buone pratiche messe in atto da giovani brand che guardano soprattutto alla sostenibilità dei tessuti. È il caso degli abiti in lana rigenerata di Rifò, giovane brand pratese della moda ecosostenibile. Lo scorso anno i creatori di Rifò, Niccolò Cipriani e Clarissa Cecchi hanno lanciato “Sustainable Wear Project”. Con questo progetto l’azienda è in grado di trasformare scampoli di tessuto e vecchi abiti in nuovi indumenti che conservano le stesse qualità dei prodotti originali, riducendo, rispetto ad un capo nuovo, del 90% l’uso di acqua, del 77% quello di energia, del 90% i prodotti chimici, del 95% le emissioni di CO2 e del 100% l’uso di coloranti. Quest’anno il progetto utilizzato da Rifò ha debuttato a Pitti Uomo presentando la prima collezione di abiti realizzati interamente in lana rigenerata.
Altro esempio di giovani marchi che fanno della sostenibilità la loro bandiera è Re-bello, nata nel 2012 producendo inizialmente T-Shirt ecologiche. L’azienda con sede a Bolzano è riuscita in pochi anni a realizzare una propria linea ecosostenibile con fibre ecologiche realizzate da cotone biologico, eucalipto, faggio, bamboo, econyl, tirol wool.
Quagga è un altro esempio di giovane azienda interamente ispirata all’eco-sostenibilità che pone al centro della propria linea di produzione il rispetto ambientale, delle persone e degli animali. Nata nel 2010 a Bologna con l’obiettivo di realizzare giacche ecologiche e vegan con prestazioni tecniche al di sopra della concorrenza, realizza la propria linea di abbigliamento totalmente con materiali di scarto industriale e riciclati al 100%, comprese le imbottiture e gli accessori di rifinitura (cerniere, bottoni, ecc.)